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Posts written by .everdeen

view post Posted: 25/9/2015, 14:10     Di nuovo qui ... INSIEME - Il nostro GDR
Eccomi, ci sono anche ioooo!
Per l'idea del "ritorno", personalmente mi piace l'idea di Marta di fare l'inaugurazione della nuova squadra e del campionato... Sarebbe un evento comune che non comprende i "progetti" di nessuno, però se qualcuno deve sposarsi, allora ben venga anche questo hahahahaha anche perché, per come sono io, avrei detto il funerale del coach XD ma è triste, i know. Voi pensate agli eventi belli, io alla morte. Comunque appena riesco pubblico i pg che ho intenzione di muovere e cos'è successo loro in questo periodo (:
view post Posted: 13/10/2012, 18:00     Un passo indietro.. - Commenti
Dopo un'attenta riflessione, ho deciso di lasciare i miei pg ed il forum. Avevo detto, d'accordo con voi, che dovevamo provare, tentare di recuperare e tenere in vita questo forum. La verità è che personalmente non ci riesco. C'ho provato, partecipando a quest'ultima role, ma non riesco a continuare. Anche la mancanza di tempo, in queste ultime settimane, mi ha aiutato a decidere, e se devo, se voglio continuare a ruolare in generale, devo anche scegliere dove stare e con quali pg impegnarmi seriamente. Qui non posso più farlo e ciò riguarda principalmente il problema che già vi ho accennato sull'ispirazione per le mie stesse creature. Chiaramente mi dispiace.. questo è stato il primo forum "serio" e "importante" dove mi sono iscritta; ho conosciuto voi e, a chi più e chi meno, vi sono legata; è sempre stata una family. Ma è tempo di prendere una decisione definitiva e ben ragionata, perchè se dovessi decidere con il cuore non me ne andrei. Ovviamente ho pensato di avvertirvi ora, di lasciare ora, perchè poi ci sarà il salto temporale.. in questo modo, chi ha dei legami con i miei pg, può gestire un pò meglio la storia dei propri personaggi e lasciare spazio all'immaginazione. Magra consolazione, lo so. E per questo vi chiedo scusa..!

Detto questo vi saluto e.. spero di sentirvi comunque ♡.
view post Posted: 17/9/2012, 11:02     THE WEDDING: I Promise i'll Love You Forever - The Begining
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Sapevo che mi amava, ovviamente. Così come speravo, credevo, che lo sapesse lei: quanto amavo io quella ragazza capace di cambiarmi la vita in un modo che faticavo ancora a comprendere. Ovviamente di problemi ne avevamo avuti, li avevamo ancora e li avremmo dovuti avere sempre, però credevo in noi. Forse era questo a farmi resistere davanti alle avance di altre ragazze, o alle mie crisi di coscienza. Si, ne avevo. Parecchie. Perché infondo sapevo di non meritarla, e non per finto vittimismo, o insicurezza, io lo credevo sul serio. Andiamo.. io ero uno stronzo, lo ero ancora, a volte credevo anche di mancarle di rispetto quando scherzavo con Trish, visto che sapevo come giocavamo insieme, eppure sapendo che dava fastidio –questo- ad Evie, faticavo perfino ad evitarlo. Con chiunque ci riuscivo, tranne con Trish. Questo la diceva lunga sul nostro rapporto, che era piuttosto strano e di questo ero consapevole, però credevo anche che fosse imparagonabile con il legame che avevo con Evie. Ecco perché non avevo dubbi, ecco perché continuavo ad avere entrambe nella mia vita. Ero convinto di poter gestire tranquillamente tutto. Innanzitutto perché erano due cose diverse: amicizia o qualcosa del genere e amore; poi perché mi davano cose diverse, entrambe, e non mi sentivo di mettere da parte nessuna delle due, non totalmente almeno, perché chiaramente almeno un minimo, soprattutto se dovevo scegliere per forza, tendevo a difendere Evie o quantomeno a farle capire che non c’era storia tra le due. E, ve lo assicuro, per me era chiaro. Proprio perché le mettevo in due categorie distinte e separate. Un po’ come il basket e il rugby. Ero un appassionato di entrambi gli sport, ma praticavo il primo perché era la mia ancora di salvezza, ciò che mi cambiava le giornate.
Proprio mentre Evie stava per baciarmi, senza esagerare perché eravamo in una chiesa, arrivò il mio migliore amico. Eccolo lì, Chris Drew, nella condizione emotiva di prendermi in giro e stuzzicare Evie. Mi metteva di buon umore, quel tipo, c’era poco da fare. E poi avevo preso sempre le sue difese per una serie di motivi.. 1) A Jess dava fastidio sia la sua presenza sia quella di chi lo appoggiava, quindi soprattutto quando eravamo in fase di “litigio” mi era sembrata una buona cosa da fare; 2) Steve, l’altro oggetto del triangolo, veniva spalleggiato da tutti e mi sembrava di cattivo gusto prendere le parti di uno e lasciar marcire fuori squadra un altro per motivi futili e senza ragioni di esistere –o almeno io così credevo in base a quel poco o niente che sapevo, ma sapete come son fatto-; 3) Chris era simile a me, ci ero sempre andato d’accordo, e lo stimavo come poche persone. ”- Sei da schianto, amico. Promettimi che quando ti sposerai lo farai con me.-” Ovviamente la prima cosa che feci, spontaneamente, fu ridere. Non si smentiva mai. Positivamente parlando, dal mio punto di vista. -Lo prometto- risposi, voltandomi verso di lui con un espressione fintamente dolce in viso.. ma probabilmente parve più una smorfia che altro. Non mi sarei sposato tanto presto, comunque. Ad ora avevo altro a cui pensare, come ad esempio la gravidanza di Evie. Non ero nemmeno dell’idea che mettere al mondo un bambino significava anche sposarsi. Si poteva essere una famiglia anche senza quel sacramento. E non ero nemmeno il ragazzo adatto ad affrontare diverse responsabilità tutte insieme, non ufficialmente almeno. Quindi andava più che bene così, per me. Non avevo bisogno d’altro per vivere la mia storia. -Mi fa strano vederti vestito così..- aggiunsi poi, per prenderlo in giro, con una smorfia in viso che aggiungeva qualcosa in più alla frase. Non so quanto passò, una manciata di secondi che trascorsi lanciando un’occhiata intorno visto che mancavano ancora alcuni invitati, e ciò diede modo a Chris ed Evie di scambiare due chiacchiere, pungenti ma simpatiche. In realtà, vista la frase che disse Evie sul fatto che non mi sarei sposato presto, la frecciatina sembrava più diretta a me che a lui. Sembrava quasi dispiaciuta di questo. Voltandomi per tornare a guardare lei incrociai lo sguardo del mio migliore amico, e la mia espressione diceva tutto. Ok, non volevo sposarmi, ma ero giovane! Porca miseria, lo eravamo tutti! Era più anormale che due adolescenti decidevano di sposarsi che il contrario! Per una volta tanto che non volevo fare alcuna pazzia dalla quale non saremmo potuti tornare proprio più, non venivo neppure apprezzato (u.u). -Se alla fine incontrerò la donna dei miei sogni, cosa ne farò di mia moglie?- dissi, ovviamente ironico, tanto per non far partite un vero e proprio dialogo sul perché dei matrimoni, etc etc. E poi quella frase non era neppure mia, ecco perché l’avevo detta a ‘mo di sfottò. L’avevo letta da qualche parte e mi era rimasta impressa. Le cose particolari e divertenti mi rimanevano sempre impresse. Ecco perché non ero un genio nelle materie scolastiche.
Qualche secondo dopo arrivò Alex e il suo amico o qualsiasi cosa fosse, e neanche a farlo apposta, ci raggiunse anche Trish. La guardai, le sorrisi per salutarla, e tornai a guardare davanti a me. L’altare mi fece pensare ai matrimoni a cui avevo assistito e in quelli.. lo sposo non aveva mai ritardato!
view post Posted: 14/9/2012, 18:06     THE WEDDING: I Promise i'll Love You Forever - The Begining


Qualcosa mi era sfuggito, sapevo che c’era qualcosa che non conoscevo e che riguardava Alex. Non vi nego che inizialmente, quando notavo la rigidezza del suo corpo stretto dalle mie braccia, mi ero anche chiesto se non fosse che, probabilmente, aveva qualcosa in sospeso con un’altra persona, un interesse che avrebbe voluto coltivare o perfino qualcosa di più. Ma non avevo mai fatto parola di ciò, principalmente perché non mi ero mai sentito nella posizione giusta per farlo. insomma, io ero andato a letto con la sua migliore amica la sera stessa in cui si era sentita male, quindi anche se aveva deciso di dare una possibilità a noi, non ero comunque nella posizione di pretendere che nessuno potesse colpirla emotivamente o avvicinarsi a lei quando io non ero lì. Però, in quel momento c’ero. Da un mese, circa, stavamo insieme e ci vivevamo alla grande. Non c’era nessun altro, ne per me, ne per lei, o almeno così speravo. Quindi cos’altro c’era a bloccarla? Forse la mancanza di fiducia. Dovevo meritarmela, dovevo cercare di farle capire che quanto per me fosse importante lei e nient’altro. Ma non ero un santo, e la desideravo talmente tanto che prima o poi avrei voluto altro. Ero una persona matura, mi reputavo abbastanza intelligente da sapere quando poter insistere e quando no. E di certo non volevo che qualcuno venisse a letto con me perché forzato dal sottoscritto. Proprio no. Era una cosa naturale.. una voglia che nasceva per le mie più disparate ragioni ma soprattutto per l’attrazione fisica. E tra di noi c’era. Ripeto, non ero uno stupido. E lo vedevo. Era tangibile. Ma poi scattava qualcosa in lei che mi lasciava interdetto. E non lo capivo. Chiedere, forse, sarebbe stata la scelta migliore. Avrei dovuto farlo fin dall’inizio. Ma i primi giorni la consideravo una cosa diversa.. infondo, stando insieme da poco, era capibile. Ma ora? No, qualcosa mi sfuggiva. E non sapevo neppure se volevo saperlo o meno. Per non turbare nessuno dei due, probabilmente. Però doveva venire fuori. Tutto. Perché, come già detto, non ero un santo e non ero disposto ad aspettare in eterno. E non per cattiveria, sia chiaro. Ma proprio perché, porca miseria, io volevo averla, e volevo farle capire quanto.
”<< Meglio andare, altrimenti non arriveremo neppure in tempo per il ricevimento. >>” Non mi stupii quindi neppure di questo momento, anche se per la prima volta non assunsi nessuna espressione strana. Non perché me lo aspettassi, ma perché dovevamo andare ad un matrimonio e dovevamo sbrigarci. L’unica cosa che poteva capire dal mio viso è che sarei rimasto volentieri in quella stanza. Andai a cambiarmi, senza impiegarci più di cinque minuti perché avevo già fatto la doccia, lavato i denti e messo a posto i capelli biondi che, avendoli tagliati ancora un po’, iniziavano ad avere un aspetto più ordinato, senza quei soliti ricci ribelli. Uscii fuori e notai che Alex era pronta. Beh, a me era sembrata in perfetta condizione anche prima, quando ero uscito dal bagno con solo l’asciugamano addosso, ma notai che aveva messo qualcosa in più ed aggiustato i capelli. Era bellissima. Sorrisi avvicinandomi, mentre legavo l’orologio al polso, e sorrisi ancora quando pronunciò una frase. Aveva gusto. E parlava di me e del vestito. -Anch’io non mi lamento del mio gusto- mormorai, con un pizzico di ironia, cingendole la vita proprio mentre ci voltavamo e ci trovavamo davanti al grande specchio che rifletteva la nostra immagine, noi due insieme. Avevo fascino. Per i miei anni, avevo fascino. Oh, davvero? Alzai un sopracciglio, cogliendo perfettamente la sua ironia, e non potei fare a meno, poi, di scuotere il capo con fare divertito. Ok, l’età era sempre stato oggetto di scherno da parte di tutti. Un po’ perché avevo una nipote che non faceva altro che prendermi in giro; un po’ perché da quando ero a Tree Hill avevo frequentato solo adolescenti –infondo mi sentivo uno di loro!-; inoltre non mi offendeva sentirmi dare del “vecchio” per varie ragioni.. innanzitutto non lo ero, e poi mi piaceva stare al gioco, qualsiasi esso fosse, se poi veniva da Alex ancor meglio. Le stampai un bacio veloce sulla guancia, piegandomi quanto bastava, e stringendo la mano sul suo fianco, giusto per una presa maggiore, diversa, confidenziale, e alla fine decidemmo che era arrivata l’ora di andare. Non era distante, la chiesa, quindi fare una passeggiata fino ad essa non mi dispiacque. Certo, eravamo vestiti in modo tale che chi ci vedeva avrebbe capito senza difficoltà dove eravamo diretti, ma non importava granchè. Quella cittadina, a pensarci bene, mi piaceva sul serio. Probabilmente avrei deciso di trasferirmi lì, definitivamente, presto. Non solo per Alex.. è che lì c’era sempre qualcosa dalla quale ripartire, forse con difficoltà, ma se la cavavano tutti, ognuno a modo loro e con i propri tempi. Non era New York, ma era una specie di porto sicuro in un mare in tempesta. Arrivati in chiesa, non scambiai quattro parole con nessuno perché non li conoscevo, ma educatamente sorrisi o salutai le persone che incrociavo sul mio cammino. Alex vide alcuni amici suoi e quindi ci avvicinammo tanto per vedere se potevamo sederci o no. -Non siamo in ritardo- puntualizzai, e sorrisi. Oh, lei avrebbe capito a cosa mi riferivo.
view post Posted: 12/9/2012, 19:55     THE WEDDING: I Promise i'll Love You Forever - The Begining


Eravamo in ritardo. Lo sapevo bene. E la voce di Alex, che prontamente me lo ricordava, non scatenava in me la voglia di velocizzare ogni movimento o di darle retta. Anzi, proprio l’opposto. Un po’ perché infastidirla non mi dispiaceva più di tanto, visto che era terribilmente sexy quando mi rivolgeva quello sguardo arrabbiato o di chi è pronto a dirne quattro. E poi, beh, ero appena uscito dalla doccia, quindi un po’ di tempo per prepararmi mi serviva. Ed ero quasi del tutto nudo. Dettaglio che non doveva assolutamente evitare di cogliere. Ma c’era qualcosa che ancora non capivo, riguardo ciò, quindi mi tenevo piuttosto buono ed ero io ad evitare di fare qualcosa.. e cioè, essere troppo esplicito. Soprattutto perché ero in torto marcio per via di Trish, mi sentivo ancora in dovere di farmi perdonare, pur sapendo che entrambi avevamo delle colpe, seppur diverse e forse non della stessa gravità. Quindi avevo deciso di vivermi quel rapporto totalmente, lasciandomi condizionare dalla sua presenza e dalle emozioni che riusciva a darmi, ma anche di non lasciare punti interrogativi sul passato. Se c’era qualcosa da dire, dovevamo farlo. E se credeva che ci fosse ancora qualcosa tra me e Trish o che si era trattato di qualcosa di davvero importante per me, allora avrei fatto di tutto per convincerla del contrario. Uscii dal bagno, dopo essermi lavato ed asciugato per benino con l’asciugamano che avevo stretto intorno alla vita, e guardai Alex poco distante da me, vicina ad uno specchio, quasi pronta. Era incantevole, tanto da lasciarmi senza fiato. Non ero ancora abituato a vederla così tante volte in una sola settimana, ne di dover render conto ad una persona al di fuori di me stesso. Avevo avuto molte relazioni, nessuna duratura, ne degna di essere presa in considerazione, ma solo esperienze di letto con donne attraenti. Non per paura di innamorarmi, perché in realtà non mi ero mai rifiutato all’idea. Ma forse per lo stile di vita che avevo in passato, fatto di viaggi all’estero e di modo di dire piuttosto superficiale, non ero pronto. O forse non c’era mai stata qualcuna capace di rapirmi completamente. Non volevo dire che Alex fosse la donna giusta per me. Dio solo sa quanto eravamo diversi e quante problematiche ancora dovevano colpirci! –e di questo ne ero proprio certo- Però, sicuramente, stavo bene con lei. Ne ero innamorato. E la desideravo in un modo che rasentava il limite dell’impossibile. Questo per molte ragioni. Perché anche quando mi faceva dannare negativamente parlando, e non accadeva raramente, scatenava qualcosa in me che farei tutt’ora fatica a spiegare. ”Il vestito è dentro all'armadio. Te l'ho fatto stirare visto che era in condizioni pessime.” Annuii, lentamente, continuando però a fissarla, mentre un sorriso più o meno malizioso prendeva possesso delle mie labbra. Si comportava proprio da brava fidanzata.. Forse avrei dovuto ringraziarla, in qualche modo, no? Mi avvicinai, inclinando di poco il capo quando le fui davvero vicino, e quando fui sul punto di dischiudere la bocca per pronunciare qualche parolina che chiariva le mie vere intenzioni, lei mi anticipò. Alle volte pensavo che sapesse leggere nel pensiero. ”Oh no...non ci pensare neppure. Siamo in completo ritardo. Non voglio sedermi nelle ultime file. Non voglio perdermi un tale spettacolo.” Alzai un sopracciglio, perplesso, con l’insana voglia di prenderla in giro e.. difatti, lo feci. -Sei sarcastica? Perché il romanticismo non ti si addice molto- mormorai, riferendomi soprattutto alla frase finale, sullo spettacolo che non voleva perdersi per nulla al mondo. Doveva essere sarcastica, perché non credevo che avesse tutta questa voglia di emozionarsi nel vedere due giovani all’altare. Anche se poi, infondo, sapevo perfettamente che alle volte Alex Duprè era capace di far uscire fuori una dolcezza paurosamente bella. A modo suo, sia chiaro. Fece per voltarsi e, senza pensarci su due volte, la trattenni, in modo da non farla scappare e da averla vicina a me, il mio petto contro il suo seno, e viceversa. ”Stai infrangendo le regole. Certe cose si dovrebbero fare durante il matrimonio, non prima.” Sorrisi, avvicinando il mio viso al suo e poco dopo mormorai -Piantala, tu odi le regole- Le odiava un tempo. Ma chi nasce tondo non muore quadrato. O forse amavo pensarlo. A me piaceva proprio per via di tutte le sfaccettature del suo carattere. Mi stimolava tutto ciò che era parte di lei. Anche quel lato più selvaggio o trasgressivo. Dopo aver pronunciato quella frase, comunque, avvolsi le sue labbra tra le mie e la baciai. Non fu un contatto tenero o breve; fu sensazionale, da togliere il fiato, da entusiasmare ogni fibra del mio essere. Quella era solo un’ennesima conferma di quanta attrazione c’era. Ed eravamo lì lì, lo avvertivo anche da parte sua. Ma eravamo in ritardo, e quando ci staccammo, sbuffai con un ghigno in viso piuttosto eloquente. -Vado a prepararmi- Cioè, vestirmi. Presi il completo dall’armadio, tornai in bagno soltanto perché in quel modo mi sarei sentito più a mio agio, e una volta pronto tornai da Alex. Non ci misi molto, per la verità, anche se impiegai qualche minuto in più per il nodo alla cravatta, ma guardandomi allo specchio mi feci i complimenti: non era un nodo perfetto ma poteva andare. E pensare che, con il lavoro che facevo, avrei dovuto essere piuttosto pratico! E invece..! Misi l’orologio al polso, ed afferrai la giacca che piegai e non indossai subito, per poi fare un cenno ed un sorriso ad Alex. -Andiamo?- Fu tutto ciò che le chiesi. Una cerimonia ci attendeva, pur non conoscendo –io- personalmente gli sposi.
view post Posted: 12/9/2012, 18:37     THE WEDDING: I Promise i'll Love You Forever - The Begining
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Il matrimonio. A conti fatti potevamo tranquillamente definirlo un contratto. Un contratto stipulato da due persone che per compensare le proprie mancanze o debolezze sceglievano di ufficializzare, davanti ad un prete arrogante e centinai di parenti indisponenti, il proprio rapporto. Il loro amore. Come se, poi, servisse un’esposizione del genere per farlo! Ma, non siamo tutti uguali e la visione cinica che avevo io del matrimonio non apparteneva anche ad altre persone. Persone, queste, con la particolare dote di riuscire a scegliere gli addobbi giusti, i regali nuziali, il locale, formulare promesse che per la maggior parte delle volte venivano dimenticate qualche ora dopo averle pronunciate, e così via. Io non ero questo e non lo sarei mai stato. Forse anche per via del fallimento del matrimonio dei miei. In realtà non si erano mai separati i miei genitori, ma sapendo che lui la tradiva, e sapendo che a lei stava bene questo ed essere solo una comparsa di tanto in tanto agli eventi dove veniva trascinata, mi ero abituato –probabilmente erroneamente- all’idea che tutto fosse così. Pensandoci, però, era sbagliato anche questo. Perché io sapevo che una relazione non era basata su menzogne o tradimenti simili. E questo perché avevo una storia io stesso, un rapporto alla quale mai sarei riuscito a rinunciare, una donna che mi rendeva felice al punto tale da accettare l’idea di avere un figlio insieme. Ecco, qualcuno potrebbe dire che un figlio è perfino più impegnativo ed importante di un matrimonio. Diciamo che li mettevo sullo stesso piano ma, oltre ciò, c’era il dettaglio che non avevo deciso di diventare padre, ma era successo senza programmarlo, cosa che Jess invece iniziava a pensare se si prestava a ricoprire il ruolo dello sposo, no? Di certo, comunque, non era affar mio. Infondo, ciò che dovevo fare era semplicemente recarmi in chiesa, in compagnia della donna che amavo, ed assistere in silenzio e senza pensare ad altro, alla cerimonia.
”–ricordami perchè sono qui..?!-” Mi misi a ridere, andando a premere il piede sull’acceleratore un po’ di più, tanto per evitare di fare tardi.. o forse perché mi andava semplicemente di correre. Non potevo farci nulla, era una cosa che amavo troppo, era adrenalina allo stato puro per me. -Perché io sono qui- mormorai, lanciandole un’occhiata di sbieco, permettendo ad un sorrisino simpatico di nascere sulle mie labbra. Sembravo presuntuoso, con quella frase? A parte il fatto che, già di norma, lo ero. Ma, poi, credevo di dire la realtà dei fatti. Io ero lì. Avevo deciso di andare perché amico dello sposo. Mi ritenevo tale. Anche se avevamo litigato e ci eravamo evitati per un bel po’, quel viaggio in macchina e la vacanza allo chalet aveva portato quei dissapori in secondo piano, ed un evento simile, così importante nella sua vita, non potevo perdermelo. Visto che, fortunatamente, avevo una fantastica donna al mio fianco, non poteva non accompagnarmi. Ecco perché era lì. Per me. Parcheggiai l’auto e, una volta scesi da questa, ci avviammo verso la chiesa. Oltre ciò, mi confermò anche la tesi che avevo detto e pensato poco prima. Lo stava facendo per me. E ciò mi rendeva più che felice. Sapevo in che rapporti erano i due, anche se oramai consideravo inutile quel continuo starsi sulle palle a vicenda. Insomma, quel che è stato è stato, senza contare che la scommessa l’avevo fatta io, io mi ero preso gioco di lei, non Jess. Ma riprendere il discorso non mi andava, affatto. Risposi al suo bacio, che mi diede non appena concluse la frase, ed io abbozzai un sorrisetto fiero. Sì, lo ero da morire. Una volta entrati in chiesa, diedi un’occhiata in giro, salutai qualcuno di mia conoscenza, e notai sia l’assenza di Trish che la presenza di Nathan. Ovviamente. Cosa fare? Evie aveva fatto una cosa per me, venendo lì, ed io potevo fare una cosa per lei, no? Probabilmente no, ma per qualche strana ragione le indicai la panca libera alle spalle di Nathan. Da lì, non mi sarei perso le facce degli sposi. E questo era importante. Quindi la condussi alle sedute che avevo scelto e, mentre le permettevo di passarmi avanti in modo tale da accomodarsi per prima, le sussurrai -Non sei obbligata, ora, a mettere vestiti meno attillati- L’avevo notato, certo che l’avevo notato. E lei non doveva vergognarsi di nulla. Sarebbe stata uno schianto sempre, e nessuno avrebbe avuto nulla da ridire su un gonfiore sospetto. Men che meno io, che quando veniva messo in evidenza quel punto ben preciso la trovavo perfino più bella.
view post Posted: 20/8/2012, 13:37     il giorno della verità... XD - Commenti
Io nella scelta di lasciare pg e prenderne altri non entro, perchè alla fine hanno detto le loro motivazioni e come avete detto tutti, possiamo dispiacerci, però niente di più.
Per quello che dice Luca.. io non sono così lontana dal suo pensiero. Non per l'assenza degli altri, ne per il gdr in una fase critica, ma proprio per me perchè non ho stimoli nel fare i miei stessi pg. Cosa che conto di ritrovare ma è chiaro che la mia assenza, un pò per le vacanze, un pò perchè non mi andava di farli, dice proprio che sono combattuta. Questo non toglie che, con qualche cambio di rotta come dice giuli, le cose possano tornare come prima. Ecco perchè, più che altro, io dico di provarci. Alla fine i pg, tutti, sono belli, le storie pure, noi siamo quel che siamo, sarebbe carino tentare e non buttare tutto. Ovvio che poi uno sceglie per sè ed ogni decisione è da rispettare.
view post Posted: 12/7/2012, 19:03     we found love in a hopeless place - Piano terra

Mark Tembler

« You say you want it all..
but whose side you fighting for? »

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Scegliere di raggiungere quello Chalet non era stato così difficile. Contattare Alex sembrava impossibile; ma non mi venne da pensare neanche per un secondo che mi stesse evitando perchè avevo provato a chiamare anche mia nipote, e il suo cellulare risultava spento tutte le volte. Almeno quello di Alex, a volte, squillava e poi cadeva la linea. Questo era già un punto a suo favore, già. Però la scelta di andare la presi per una serie di motivi. Il nostro rapporto era complicato, lo sapevo benissimo, non ci voleva uno scienziato per capire che spesse volte eravamo su due binari differenti, pronti a scontrarci senza alcuna ragione di farlo ma spinti da un interesse comune: difendere noi stessi e, in un modo alquanto bizzarro, difendere anche una storia mai iniziata ma che ci prendeva come se lo fosse. Non avevo mai avuto un rapporto del genere con una persona, e forse anche per questo ero giusto un po’ incapace di relazionarmi ad ella nel modo giusto. Di storie, avventure notturne, ne avevo avute parecchie e non me ne pentivo affatto. Ma vedere lei, sin dalla prima volta, mi aveva fatto provare tutt’altre cose, emozioni nuove e difficili da comprendere anche per me che le vivevo. Con il passare del tempo ero conscio del fatto che la cosa fosse cresciuta, anche se non riuscivo a darle un nome, ed ero arrivato a mettermi in gioco. A modo mio, lo avevo fatto e continuavo a farlo. E situazioni createsi per nostro volere avevano messo a serio rischio tutto. Eppure quando avevo saputo che si era sentita male, o le era successo qualcosa, mi era mancato il terreno sotto i piedi. Avvertivo ancora quella sensazione, se ci pensavo, e questo mi faceva solo capire che non ero pronto a perderla. Ancor meno dopo ciò che mi aveva scritto sulla porta, quella scritta che dava una nuova possibilità, che mi permetteva di capire che infondo lei era ancora in grado di pensarmi senza provare alcun ribrezzo nei miei confronti per ciò che era successo con Trish.
Ecco un altro capitolo che prima o poi avrei dovuto affrontare perché, chiariamolo, anche con lei non mi ero comportato benissimo. Non l’avevo chiamata, non le avevo parlato, non mi ero fatto sentire neppure dopo il suo messaggio con il quale mi avvisava che non saremmo dovuti più andare a prendere l’auto. Sapevo perfettamente che non c’era bisogno di parlare esplicitamente di ciò che era successo; per quanto fosse più piccola di me, non mi sembrava affatto immatura, e quelle situazioni doveva averle vissute ancor prima di incontrare me. Però, per come pensavo io, mi sentivo di doverle parlare almeno un’altra volta. Senza andarci a letto, ovviamente. Perchè.. beh, lei era attraente, ci sapeva fare con gli uomini, e probabilmente se non avessi avuto il cuore occupato non ci avrei messo molto a starci insieme o a chiederle di frequentarci un pò di più di una sola notte. Però, dettaglio da sottolineare, io non ero nella condizione di poterlo fare. E il senso di colpa nei confronti di Alex c’entrava ben poco. Se mi avesse rifiutato, neppure lo avrei fatto, perché non ero libero. Non mi sentivo tale.
E qui torno ad Alex Duprè. Già. Lei che mi aveva ferito più volte, ed era bastato un mio gesto, uno soltanto, per ferirla, eguagliando in qualche modo il numero di volte che lo aveva fatto lei, o forse perfino superando ciò. Lei che mi mandava su di giri, sul serio. Credetemi, mi faceva tanto incazzare quanto mi stimolava. Eppure mai, e dico mai, eravamo andati oltre. E, sì, parlo del sesso. Insomma, era una cosa comunque importante. Ed io la desideravo, Dio, non immaginate neanche quanto. Ma avevo deciso di non insistere, di rispettare quello che sembrava il suo volere, forse voleva soltanto cambiare un pò il modo di frequentarsi con un uomo. Non lo sapevo perché neppure lgielo avevo mai chiesto, ne c’era mai stata l’occasione di andare oltre, in realtà. E quando c’era stata io le avevo detto di aver baciato sua sorella. Ok, ok. Mi rendevo conto che tutto ciò non andava a mio favore, affatto. Però, diciamo che il trattamento da parte di entrambi, seppur diverso, aveva avuto gli stessi effetti su entrambi. Questo dimostrava che volevamo farci male? Che eravamo incompatibili? Non lo sapevo. Forse. Però questo non mi fermava affatto dall’idea che dovevo, e volevo, prendermi ciò che desideravo. Non solo il sesso, che sarebbe venuto poi come una conseguenza di ciò che avremmo provato, secondo me, ma proprio lei, come persona, come figura nella mia vita.
Così presi il mio pick-up, la mia fidata auto e tutto ciò che serviva per non rimanere bloccato sulla neve. Non riuscivo a rintracciarli ma sapevo dov’erano, visto che ero stato informato da Susan ancor prima che mettesse piede fuori casa. E non fu affatto difficile raggiungere quell’enorme casa, con non so quanti acri di verde intorno, totalmente innevato per via della stagione, e di una bellezza al di fuori del comune. Avevo viaggiato molto, nella mia vita, quindi credetemi se vi dico che quello rientrava senza alcun dubbio tra i paesaggi più belli mai visti.
Quando scesi dall’auto, la prima cosa che feci fu aprire il cancelletto, sospirare –come se ciò mi servisse a schiarirmi le idee o capire cosa dirle-, e avvicinarmi ad un ragazzo che fumava, quasi congelato, per chiedergli se sapeva dove fosse Alex. Era conosciuta, quindi riuscì a rispondermi e mi disse che forse era dentro, in salotto, visto che tutti stavano facendo un gioco. Probabilmente stava partecipando anche lei. Ma non l’aveva vista, quindi non poteva esserne certo. Lo ringraziai comunque, dandogli una pacca sulla spalla e consigliandogli di entrare perché altrimenti sarebbe stato difficile rimuovere una statua umana da lì, ed entrai. La prima cosa che mi colpì furono gli addobbi natalizi. Ero stato a New York per quella festa, tanto per staccarmi un po’ dalla solita routine e i miei problemi, ma forse se avessi chiesto agli Scott di intrattenermi per quei giorni festivi non avrebbero fatto comunque storie. A quanto vedevo sapevano piuttosto bene come far sentire a proprio agio qualcuno. subito dopo, svoltai un angolo, guardandomi intorno, e notai un gruppo di ragazzi seduti che giocavano e sghignazzavano. Mi venne da sorridere, scuotendo il capo, mentre udivo la frase di uno di loro che diceva qualcosa riguardo l’aver scoperto i genitori mentre facevano sesso. Questo era imbarazzante, sì. Nel voltarmi, ancora, per avere un quadro generale della situazione e di chi fosse lì, visto che ero alla ricerca di qualcuno, mi ritrovai proprio a fissare una persona che baciava un ragazzo. Sapete quando siete stranamente consapevoli di qualcosa, ma non avendone l’assoluta certezza, ci sbattete comunque con il muso? Ecco, in qualche modo, forse perché anche di spalle l’avrei riconosciuta tra mille, io sapevo chi era quella ragazza. Eppure mi avvicinai, feci un passo, poi un altro ed un altro ancora, fino ad arrivare vicino ad entrambi, e riuscire a vedere che era davvero lei. Lei e il tipo dell’ospedale, che a quanto pareva ora sapevo che ruolo aveva nella sua vita. Ottimo. Davvero. Mi sembrò di vivere una specie di incubo. Semplicemente perchè io ero lì, avevo fatto una sfilza di chilometri per vederla, chiarire, conoscere il significato reale di quella scritta, e invece lei stava con.. un altro. O almeno lo baciava, senza farsi alcun problema, senza pensare minimamente ad altro. O altri. Tipo il coglione che li guardava e si sentiva sprofondare. Oltre che veramente arrabbiato. Perchè lo ero. Dannazione, se lo ero! -Fantastico- mormorai, semplicemente e scarcasticamente, scuotendo il capo, mentre compariva sul mio viso un sorriso.. triste? Nemmeno. Nervoso. Questo si. Lui neppure lo guardai, altrimenti lo avrei steso con un pugno solo e non avevo voglia di far casino quando sapevo esattamente di chi era la colpa. E no. Non era mia. Perchè io continuavo a correrle dietro, anche quando lei fuggiva, anche quando sembrava non voler avere nulla a che fare con me, io continuavo ad esserci. E lei non lo apprezzava, nemmeno faceva i conti con ciò che forse provava per me o almeno ciò che le dimostravo io di provare nei suoi confronti. Non pensava a nulla. Solo a se stessa. Ma poteva star tranquilla, non mi avrebbe avuto più fra i piedi, a rovinare ogni momento idilliaco che viveva con qualcuno. E, guarda caso, non ero mai io questo qualcuno. Ciò doveva farmi capire qualcosa, no? Ciò avrebbe dovuto farmi aprire gli occhi già da prima. Ma non era troppo tardi per farlo. Così, subito dopo aver mormorato quella sola parola irritante tanto quanto irreale visto che niente era magnifico in quel momento, la fissai con puro sdegno e percorsi lo stesso tratto fatto pochi minuti prima, stavolta per tornare all’esterno della struttura e prendere una boccata d’aria, magari rilassarmi un secondo, uno soltanto, e poi ripartire e tornare a Tree Hill. Perché lì non sarei rimasto, visto che il motivo per cui ero andato non esisteva più. E, inspirando profondamente, mi fermai un secondo, come se volessi in qualche modo calmarmi, poggiando entrambe le mani sulla recinzione in legno, stringendo i pugni chiusi come se potessi spaccare qualcosa da un momento all’altro. E, sì, avrei potuto farlo. Forse non avevo nessun diritto di immischiarmi nella sua vita privata, ma se così stavano le cose era meglio saperlo, invece che continuare a prenderci in giro.

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view post Posted: 9/7/2012, 17:00     Something to talk about - The Begining

Logan Scott

« paradiso + inferno »

logane
Se mi fermavo a riflettere, cosa che facevo praticamente sempre, arrivavo alla conclusione che in quella settimana il mio umore era radicalmente cambiato. Da positivo e speranzoso ad arrabbiato e dubbioso. Direi frustrato, soprattutto. Perchè era così che diventavo quando non sapevo bene cosa fare o quando le idee chiare che avevo diventavano senza alcun senso per il sottoscritto. Il mio peggior difetto era proprio il fatto che volessi conoscere tutto. E non per curiosità, quanto per essere pronto a reagire nel caso le cose non fossero come volevo. La conoscenza era una specie di difesa, per me. Perché con essa avrei saputo anche come contrattaccare. In generale avevo, quindi, sempre tutto sotto controllo. Non un maniaco della perfezione o dell’ordine in senso materiale, ma per quanto riguarda la mia interiorità senz’altro. Mai mi era venuto il dubbio su quali sentimenti provassi per una persona; mai avevo avuto dubbi sul mio futuro, visto che avevo scelto cosa, chi essere all’età di sedici anni e da lì in poi non avevo più cambiato idea; mai avevo creduto di dover cambiare registro, di dover essere diverso da quello che ero e modificare per poter essere accettato da altre persone. Non ero un santo, non ero perfetto, e per quanto mi dimostrassi galante, disponibile all’ascolto, anche nel caso che vivevo in quel momento con Brooke Davis, nulla mi impediva di volare con la mente e prendere in considerazione cose che avrei dovuto evitare anche solo di pensare. Questo faceva di me una persona scorretta, egoista. E sapevo di essere tutto ciò, così come credevo di non meritare l’idea che chiunque aveva di me. Quel ragazzo dall’aspetto affascinante, gentile, con nulla da nascondere, mai stronzo. In realtà lo ero eccome. E non mi disturbava esserlo perchè ero consapevole di ciò che ero. E se guardavo il mio quadro generale, non ne ero nemmeno insoddisfatto. Sapevo quando essere in un modo e quando no. E alle volte la versatilità del mio carattere, più l’indifferenza che utilizzavo come sorta di barriera tra me e il mondo, mi aiutava a mascherare i miei sentimenti tanto quanto i miei pensieri, in certe situazioni. Ma non era questo, non era la complessità del mio carattere o il fatto che alle volte nemmeno io riuscivo a capire il perché delle mie reazione ad infastidirmi. Semmai, ciò che mi urtava in un modo inspiegabile, era iniziare a credere d’aver fatto delle scelte sbagliate. Questo di solito non mi mandava in bestia, perché il piano di riserva era sempre pronto. Nel mio caso, avevo scelto un compromesso lavorativo che avrebbe dovuto portarmi soddisfazioni, pur avendo perso la donna che un tempo amavo, ma a conti fatti non era successo. Mi ritrovavo a Tree Hill con la convinzione che Dan Scott, il caro zietto dalle scelte insensate e biasimabili, potesse aiutarmi a rimettermi in sesto e con l’idea che tornare non mi avrebbe fatto re-innamorare della mia ex. Non che fossi convinto di esserlo, di nuovo, sia chiaro. Però si erano create delle situazioni, in quei pochi giorni che ero lì, da farmi porre più di una domanda. E il bello è che non ero alla ricerca di nessuna risposta. Non più. Non su di lei. Allo Chalet sì, avevo pensato bene di seguire il consiglio di Trish, che mi aveva portato ad ottenere una bella soddisfazione. Ma ad ora non mi andava di rischiare, perché sapevo che a perderci sarei stato comunque io. Infondo lei era fidanzata con un altro e, a parte tutto, erano felici insieme. Chi ero io per intromettermi o riuscire ad uscire vincente da tutto questo? E il punto focale non era neppure questo. Io l’avevo lasciata; libera di andare ovunque volesse, proprio perché io mi prendevo la libertà di girare il mondo e studiare per una passione che volevo coltivare. L’avevo lasciata credendo che quello non fosse il tempo giusto per stare insieme; non era destino, non allora. Ed ora che avevo finito gli studi, e mi mancava solo l’ispirazione, l’idea giusta per sfondare, la rivedevo, mi era capitato di viverla nuovamente nella sua quotidianità o nei piccoli istanti, e non riuscivo a credere di averlo fatto in passato, di essermi allontanato. O forse ero solo nostalgico, pieno di dubbi per via di un insoddisfazione professionale che aveva fatto già danni in passato, quindi confuso. I cambiamenti confondono, no? Ed io in una solo settimana avevo dovuto gestirne troppi.
Stavamo camminando, con calma e in silenzio, fino a quando io non misi di pensare e mi concentrai su Brooke Davis, chiedendole come mai avesse deciso di fare shopping da sola. Le avevo anche chiesto, prima, se le servisse una mano, mettendo in pratica ciò che mi era stato insegnato, uno dei tanti valori ai quali poi avevo aggiunto cose personali che mi rendevano più trasgressivo di quel che davo a vedere, ma lei poteva reggere quel piccolo peso, quindi non dovetti nemmeno aiutarla. Però la mia curiosità volevo soddisfarla, quindi attesi che mi desse una risposta. ”- Le ragazze erano occupate e non mi andava di chiederlo a Nathan... -” Certo, perché Nathan non era proprio il tipo da shopping. Oddio, nemmeno io. Però con il tempo avevo imparato a considerare i lati positivi. Alle volte vi erano situazioni che potevano rivelarsi piuttosto interessanti. Forse, come cugino maggiore, avrei dovuto dirglielo, così da dargli il buon esempio. Sì. Lo avrei fatto. Annuii, comunque, con un sorrisetto furbo in volto. Infondo il fatto che avesse deciso di recarsi lì da sola aveva avuto un buon risolto. Oddio, senza esagerare. Però aveva contribuito a far nascere una sorta di conoscenza fra noi due. Mica era male, no?! ”- potrei fare la stessa domanda a te! -” Ma lei con me era stata sincera? Motivi per mentirmi non ne aveva, quindi deducevo che avesse davvero scelto di recarsi lì non per stare un po’ da sola o riflettere, ma perché non ne aveva potuto fare a meno. A differenza mia. -Potrei avere il trasferimento come scusa- mormorai, ironico, dando quindi la responsabilità ad esso, o alle mille cose da acquistare per la casa nuova. Ma no, in realtà non ero affatto serio, e dal mio tono era percepibile, ciò. -O potrei dirti che ho pensato di uscire perché osservare gli altri evita di farmi pensare.. oltre al fatto che mi servivano un paio di maglie nuove- aggiunsi infine, più sincero di prima senz’altro, ma senza far acquisire alla frase un significato troppo impegnativo.. Sì, io avevo i miei problemi, ma di certo non ne facevo un dramma, non davanti agli altri, almeno. Maglie, comunque, che non avevo ne cercato, ne altro. Ciò dimostrava quanto poco incline fossi allo shopping, e quanto mi interessava più tutto il resto.
Le sorrisi, non so per quale ragione in realtà ma lo feci, e poi deviai lo sguardo sul locale che iniziavo ad intravedere piuttosto bene, segno che mancava poco alla possibilità di accomodarci e bere qualcosa. -Posso chiederti una cosa?- chiesi, badando bene a non porre la domanda subito così da non rischiare di essere inopportuno più del solito.. perché sì, io lo ero. Lo ero per come guardavo una persona impegnata, lo ero per come –con estrema naturalezza- mi rapportavo ad ella, lo ero per qualsiasi cosa, senza rendermene conto. Ma quando c’era da parlare, quindi mettere in moto la testa, sapevo come cercare di esserlo meno del solito. Ancor prima che potessi andare oltre con le parole, comunque, attesi che mi rispondesse e, arrivato al bar, ci mettemmo seduti ad uno dei tavoli liberi. Io mi posizionai di fronte a lei, per la precisione.

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view post Posted: 7/7/2012, 19:10     Something to talk about - The Begining

Logan Scott

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logane
Un caffè. Una bibita calda per quel periodo invernale che Tree Hill aveva da un paio di mesi, circa. Era raro vedere la neve, era raro morire davvero di freddo. Ricordavo, ai miei tempi, il liceo colmo di ragazzi vestiti come se fosse primavera anche nel mese di Dicembre. Ma le cose cambiano. Non c’era da meravigliarsi che ci fosse un mutamento del clima un pò ovunque. E poi non era neppure spiacevole, il freddo. E lo dicevo perché io avevo una buona resistenza, in tal senso. Al contrario del caldo, che non sopportavo affatto. Forse per la temperatura sempre un po’ fuori la norma che avevo; o perché mi piaceva girare nudo; ma in estate ero meno paziente e più irritato del solito, oltre che propenso a vestirmi il meno possibile. Ma questo era così per molti.
Ad ogni modo, quando ebbi ricevuto risposta da Brooke, decisi di andare fuori ed aspettare lì. Routine. Ecco a cosa pensai nell’istante esatto in cui posai lo sguardo sulle persone che si muovevano velocemente e distrattamente. Mi sembravano tutti molto stressati. E non me ne meravigliai, visti i soliti problemi che vi erano nelle famiglie. Eppure non mi spiegavo come fosse possibile farsi condizionare da qualcun altro. Forse questo c’entrava poco o niente con ciò che scorgevo, ma era chiaro che il malessere delle persone veniva fuori per due ragioni: insoddisfazione personale, o colpa di qualcuno. Per la prima, non avevo nulla da dire perché era chiaro che ognuno fosse in qualche modo insoddisfatto di sé, magari anche solo per cercare di raggiungere il massimo dalla propria vita o degli obiettivi quasi irraggiungibili, sfidando se stesso o altri per arrivarci. Ma sul fatto che qualcun altro avesse il potere di condizionare la vita altrui, l’umore, o prendere decisioni per esso, non mi piaceva. Sapevo che era quasi una conseguenza naturale di ogni legame che aveva una certa importanza o valenza, ma non riuscivo comunque a farmi piacere ciò. Ecco perché ero un disastro, ecco perché avevo buttato al vento una relazione seria e alla quale avevo tenuto particolarmente. Per via del mio solito vagare con la mente e convincermi che la libertà tra due persone, anche in una relazione, fosse d’obbligo. E lo credevo sul serio, anche se poi mi scontravo con la realtà di alcune relazioni in cui si limitavano a vicenda e godevano di un amore malsano. Sì, io credevo che molti fossero proprio così. Probabilmente se avessi iniziato ad avere una relazione seria anch’io sarei finito per fare qualcosa del genere, ma non lo credevo possibile attualmente. Mai dire mai, certo, ma per ciò che sapevo di me ero anche certo del fatto che avrei voluto i miei spazi allo stesso modo in cui li avrei dati. Per questo ero single, molto probabilmente. E per questo prendevo superficialmente le storie con le donne, dopo Evie. Con lei non aveva funzionato, ed il mio volerla far crescere e fare esperienze senza sentirsi in dovere di seguirmi ovunque, vista anche la differenza di età, aveva sancito la fine di un rapporto che era stato più che importante per me, quasi vitale. E probabilmente dopo non mi ero più fidanzato perché.. beh, perché sapevo che sarebbe finita allo stesso modo, visto come la pensavo. O forse perché non avevo trovato nessuna in grado di sostituirla. Ad ogni modo, ero quasi sicuro che ogni persona nel giro di pochi metri da me e che avevo sotto osservazione fosse dannatamente infelice. Tranne i bambini che correvano forsennatamente, alla ricerca della solita magia che dava la loro età, quella spensieratezza che in molti avrebbero dovuto invidiargli.
”- Non c'ho messo molto, vero? E sono pronta ad andare. -” Me la ritrovai davanti, permettendole di investirmi con il suo entusiasmo, lasciando indietro ciò che credevo della massa di gente che ci circondava. E forse avevo perfino riflettuto su cose assurde, totalmente lontane dalla realtà. Non ero ancora in grado di percepire i pensieri altrui (xD). Quindi, rivolgendole il mio sguardo, abbozzai un sorrisetto annuendo, e finii con l’alzare un sopracciglio soltanto quando vidi tutte quelle buste. -Hai bisogno di una mano?- Sì, lo dissi con un tono dubbioso ma non perchè non volessi offrirle il mio aiuto, in caso avesse voluto, ma perchè non credevo ai miei occhi. Da che non le piaceva nulla, o meglio non sentiva nulla di adatto, aveva acquistato la metà –o quasi- degli abiti provati. E si meravigliava che dicessi quanto il nostro rapporto fosse bizzarro? Anche lei, singolarmente, lo era. E forse la parte interessante era proprio questa.
Ad ogni modo, dopo aver risolto ciò, le feci cenno di poter andare, e camminammo in quel grande centro commerciale per un po’, prima di arrivare al bar. Ovviamente non riuscii a non chiederle nulla. Non per farmi i fatti suoi, sia chiaro, ma star zitto mi sembrava il modo meno opportuno per conoscere qualcuno. -Come mai sei venuta qui da sola?- Ok, una domanda che mi avrebbe potuto far capire poco di lei, ma me l’ero chiesto, quindi perché non chiederglielo? Aveva delle amiche, sicuramente, ed aveva Nathan. Era raro vedere una ragazza fare shopping da sola, soprattutto della sua età. Non che io fossi molto più grande di lei, ma gli anni a differenziarci c’erano. E forse dietro vi era solo l’impossibilità da parte del suo gruppo di amiche di accompagnarla, o gli allenamenti di Nathan. Oppure la necessità di stare un po’ per conto proprio, con la mia intrusione che aveva mandato all’aria i suoi piani. Chissà.

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view post Posted: 5/7/2012, 21:43     Something to talk about - The Begining

Logan Scott

« paradiso + inferno »

logane
Ero alla ricerca del particolare anche quando mi esprimevo. Ecco perchè alle volte sembravo impostato oppure il classic perfettino snob. In realtà non ero così. E sapevo che per dimostrare quanto fossi semplice o naturale nel mio modo di fare, era una bella impresa. Ciò che andava a mio sfavore, in questi casi, è che non mi importava affatto dimostrarmi per quel che ero davvero. Io ero dell’idea che chi voleva conoscerti davvero, chi voleva capire qualità o difetti di qualcuno, arrivava in profondità da sé. Certo, bisognava permettergli di entrare, di farsi avanti e affondare, in modo tale da capire senza avere spiegazioni o dimostrazioni plateali. Il fatto è che, forse sbagliando, credevo anche nell’idea che chi era superficiale di natura neppure ci provava. Quindi io davo per scontato che se qualcuno non arrivava a capire com’ero davvero, in base alle mie parole o al mio modo di comportarmi, era infinitamente superficiale. Ed io raramente avevo a che fare con persone del genere. Insomma, dovevo trovare qualcosa che mi interessava, che mi incuriosiva. Esigente? Si, questo molto. Perchè non mi accontentavo, perchè ero sicuro di me quanto bastava per sapere che il mio tempo non andava sprecato. Ma questo lo credevo di tutti. Che poi, se vogliamo dirla tutta, non ero neppure così tanto misterioso. Mi sarebbe piaciuto esserlo, sì, perché questo avrebbe impedito alle persone di capire tante cose di me che volevo fossero segrete. Ma, pensandoci bene, io ero piuttosto chiaro sia nelle parole che nei gesti, spesso, e ciò portava la persona di fronte a me a capire perfettamente cosa mi passava la testa. Quando non ero esplicito a parole, lo ero a gesti o con gli sguardi, e viceversa.
Perché dicevo tutto questo? Perchè in realtà, riflettendo, non sapevo come in quel caso mi stesse vedendo Brooke. Solitamente, come già detto, non mi importava l’idea degli altri, se non li conoscevo. Ma lei era vicina ad una persona a cui tenevo, quindi il problema che risultassi inopportuno me lo facevo. Anche se, probabilmente, sarebbe cambiato ben poco nel caso mi avesse detto che dovevo smetterla di fissarla in un certo modo. Perché io non lo facevo apposto, e ciò che mi veniva naturalmente di fare, lo facevo e basta. Che poi, da qui, ci fosse l’idea in me di un certo confine da rispettare, questa era un’altra cosa. Ma credevo che lei lo sapesse e la pensasse al mio stesso modo. Non a caso entrambi eravamo consci di una certa intesa che sapevamo di dover far rimanere in tal modo, al livello base. Anche perché due persone non è detto che debbano scopare<i> per forza di cose. Sarebbe stato bello, certo, ma rimaneva una pessima idea allo stesso modo. Senza contare che esisteva anche altro. Di meno piacevole, ma poteva diventarlo dopo un po’.
Chiusi nel cassetto della mia <i>squallida
memoria questo pensiero, in modo tale che se avessi voluto lo avrei ripreso poi, e mi concentrai sulla sua prima risposta. Bizzarro. Se lo chiedeva, lei. Si, io reputavo il nostro un rapporto strano, per una serie di motivi. -Tu useresti un aggettivo differente?- chiesi, un pò curioso per la verità. Non so se stavamo pensando a come descrivere la stessa cosa, ma visto il legame che si era instaurato –o meglio dire la confidenza- tra noi in così poco tempo, io credevo fosse bizzarro, sì. Ed interessante. Non era da tutti i giorni, secondo me, trovare qualcuno con il quale ti veniva naturale affrontare una certa intimità. Perché, sì, io lo reputavo confidenziale ad un livello diverso dal solito, il fatto di scegliere un vestito con qualcuno che nemmeno conoscevi. Non per la cosa in sé, ma per come si era creato il tutto. O forse ero io che pensavo troppo, come al solito.
”- Sei proprio una Scott! -” Quando mi disse così, sorrisi, facendo spallucce, per poi guardare l’abito e riflettere. Sì, forse era una scelta da Scott. Anche se forse Dan, per una bella ragazza, avrebbe scelto qualcosa di più provocante, così da venerare con il suo stesso occhio la suddetta bellezza. -Non so se prenderla come un complimento o no- risposi, poi, con aria divertita, alzando lo sguardo su di lei. Stava con uno Scott quindi non poteva pensare che la razza fosse brutta, visto che Nathan era –fra tutti- quello che più veniva riconosciuto come Scott. Aveva il fisico, lo sguardo, la determinazione, l’arroganza, l’abitudine a stabilire nuovi e continui record sia nella vita privata che nello sport. Io credevo di essere simile in delle cose a lui, ma poi gli anni in più toglievano delle piccolezze e ne aggiungevano altre, che per forza di cose ci differenziavano.
Stavo per suggerirle di andarsi a cambiare, o che magari io l’avrei aspettata fuori, visto che iniziavo a desiderare di voler cambiare un po’ aria, ma lei mi anticipò. ”- Non mi dispiacerebbe conoscerti meglio Logan Scott. -” Questo mi sorprese. Non per la voglia di conoscermi in sé, visto che non c’era nulla di male, ma il fatto che me lo stesse dicendo. Da quando ci eravamo incontrati in quel negozio, diciamo che ero sempre stato io a farle capire a parole che vi era comunque piacere a stare lì. Certo, lei mi aveva invitato ad assistere alla sua piccola e privata sfilata, ma poteva averlo fatto anche per altre ragioni o gentilezza nei confronti di un membro della famiglia di Nathan. Invece quella frase rappresentava una sorta di conferma. Nulla di eclatante, attenzione. E ci tengo a specificarlo per la vostra malsana voglia di creare castelli per aria. Ma comunque qualcosa. -Allora conviene che ti sbrighi a cambiarti, così mi darai la possibilità di offrirti un caffè- mormorai, con un tono piuttosto furbo perché, sì, non le stavo chiedendo di prendere un caffè, le dicevo di muoversi in modo tale che glielo avrei offerto. Non servivano inviti. Quando c’era tempo a disposizione e voglia di trascorrere qualche ore in modo differente, bisognava essere diretti e andare dritto al punto. Io lo avevo appena fatto. Certo, avrebbe potuto dirmi che non poteva, ma io l’avrei in ogni caso aspettata fuori, così da salutarla e soddisfare la mia curiosità sui vestiti. Avevamo trascorso del tempo insieme, in quella zona, fra vari abiti, era giusto che sapessi con quanti pacchetti sarebbe uscita fuori. Probabilmente nessuno. -Ti aspetto fuori, Brooke Davis- dissi, abbozzando un sorrisetto sghembo, mentre infilavo le mani nelle tasche dei jeans e le davo le spalle. Camminai, dunque, fino all’esterno del negozio, e rimasi lì ad attendere.

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view post Posted: 29/6/2012, 17:59     Something to talk about - The Begining

Logan Scott

« paradiso + inferno »

logane
Doveva avere una passione grande per la moda, anche se dal basso della mia ignoranza in materia non riuscivo a capire cosa ci fosse di bello in un paio di abiti. Non che io andassi in giro con le prime cose che mi capitavano tra le mani; avevo il mio gusto personale, facevo le mie scelte, e mi vestivo di conseguenza. Ma non mi capitava di sentirmi particolarmente bene con un certo jeans od una certa maglia. A lei, invece, si. Forse io non potevo semplicemente arrivare a capire di cosa parlasse perchè, come uomo, almeno su questo vi era più superficialità. Non era la prima donna che incontravo, ne la prima che mostrava particolare interesse a trovare l’abito perfetto, e non in base a come le stava addosso oggettivamente o in base al mio gusto, ma per come lo sentiva lei. E non sarebbe stata neanche l’ultima, probabilmente.
La guardai. Aveva indosso ancora quell’abito e mi chiesi cosa avrebbe detto Nathan se ci avesse visti o se avesse semplicemente visto quanto la sua ragazza stesse bene con della stoffa simile a circondarle il corpo. Probabilmente si sarebbe arrabbiato, per il primo punto che vedeva me e lei lì, e non perché avrebbe visto in noi qualcosa di strano, visto che continuavo a credere che entrambi fossimo abbastanza intelligenti da sapere dove fermarci e perché, ma avrebbe dato di matto inizialmente solo per un fastidio naturale. Poi gli sarebbe passata, ne ero certo. Mentre, sull’abito di Brooke e su come le stava, avrebbe certamente espresso un parere positivo, con varie rifiniture maliziose. Lui, a differenza mia, era meno ambiguo. Era malizioso, sì, e non diceva mai le cose con estrema chiarezza, ma aveva un modo di parlare o di dire certe cose che era comunque diverso da me. Mi era sempre stato detto che in alcune cose mi somigliava. Io non vedevo molta somiglianza tra di noi, se non per il colore dei capelli e il cognome. E credevo di essere il suo opposto su, praticamente, tutto. Potevo fare il paragone tra me e lui ma non tra me e l’altro Scott, Lucas. Ne sapevo l’esistenza, lo avevo incrociato qualche volta in passato ed anche allo Chalet, ma non ci avevo mai parlato. Diciamo pure che l’idea di stare dalla parte di Dan in quella storia era sempre stata una mia prerogativa. Non per qualche strana ragione, ne per cose che avevo udito in giro. Avevo semplicemente scelto su chi puntare. E non sapevo se avevo fatto bene o meno. Fino a quel momento, comunque, non me ne ero pentito.
”- Vado a togliermi questo… Magari guarda tu se in giro trovi qualcosa per me. -” Queste parole bloccarono i miei pensieri, e da assente divenni nuovamente cosciente, quindi fui in grado di annuire e mormorare -Credo che tu ti stia approfittando del mio animo nobile- che di ironico, ovviamente, aveva tutto, e mi riferivo al fatto che mi chiedeva di guardare qualcosa per lei. Avevo gusto, d’accordo, ma soltanto per Evie avevo scelto dei vestiti o ci avevo badato più di qualche minuto nello sceglierli per lei o nel consigliarla. Ora capitava con Brooke, sì, ma non era la stessa cosa perché: 1) non era la mia donna; 2) non la conoscevo e non avevo idea del suo gusto personale. Anche pensando ai vestiti che aveva preso.. erano tutti diversi tra di loro, per stile e colori! Quindi.. quindi avrei scelto in base a quello che mi colpiva di più tra i presenti.
Alla fine, quando lei comunque andò nel camerino, io pensai a dare un’occhiata alla merce esposta. Lo ammetto, mi sentii a disagio per un istante, vedendo un mucchio di donne curiose che fissavano gli abiti, e chi mi guardava probabilmente credeva che stessi facendo un regalo per qualcuno di speciale. Pensate se avessero saputo che lo stavo scegliendo per la ragazza di mio cugino.. chissà cosa avrebbero pensato! Fu in quell’istante che sfiorai con le dita la stoffa di un vestito che attirò la mia attenzione. Per i primi istanti lo fissai, chiedendomi se fosse o meno adatto. Non lo sapevo, accidenti. Faceva freddo, e quello forse risultava inadatto per quelle temperature. Però sia per il colore, non vivace, e per il fatto che scendesse lungo i fianchi senza una scollatura esageratamente provocante, poteva andar bene, no? Era sobrio, elegante, e soltanto addosso avrebbe potuto capire se le piaceva o no. Quindi lo presi, sì, e tornai da Brooke che era già uscita dal camerino, con un altro abito, e si guardava allo specchio. -Strano come tu non riesca a sentirti adatta con nessuno di questi- Con adatta intendevo che non si sentisse di acquistarne nemmeno uno per quell’evento in particolare, di indossarli al matrimonio. Poi forse li avrebbe presi tutti, ma in base alla sua frase di prima mi aveva fatto capire che nessuno di quelli fosse giusto. E lo trovavo strano, ciò, perché dall’esterno sembrava splendida con ognuno di essi. Quando riuscii ad incrociare il suo sguardo dallo specchio posto di fronte a noi, indicai con un cenno del capo il vestito che reggevo in una mano, ed alzai le spalle per dire che non ne ero affatto certo. -E’ da un pò che non aiuto una donna a scegliere qualcosa..- ammisi.. -..ed è bizzarro farlo con te, ora.. non credi?- Era come se ci conoscessimo da sempre, perché pur non sapendo nulla dell’altro, non riscontravamo nessun tipo di disagio. E non per il flirtare, ma proprio in generale, per il modo di approcciarsi all’altro, chiacchierare, o fidarsi del giudizio altrui. Non c’era neppure l’imbarazzo di due persone che stanno vicine fisicamente, senza malizia, ma che ignorano completamente il corpo dell’altro perché mai hanno avuto a che fare con esso. E tutto questo lo descrivevo come un qualcosa di “bizzarro”. O forse era semplice e naturale affinità.

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view post Posted: 27/6/2012, 15:06     Something to talk about - The Begining

Logan Scott

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”- Mi guardavi come se avessi avuto addosso un insetto da dieci zampe e più con una coda bitorzoluta. -” Questa frase mi fece sorridere, ampiamente, facendo sì che a ciò aggiungessi un movimento del capo, con fare divertito. Il mio osservarla intensamente era solo dovuto all’improvvisa apparizione di una bella donna in abito da sera, per di più appariscente e scollato. Questo mi faceva capire che non era abituata a ricevere sguardi di questo tipo. Probabilmente le facevano la corte in tanti, cercavano di ottenere le sue attenzioni grottescamente, o furbescamente, ma senza mai chiarire la propria innocenza al riguardo. Perché sì, vi erano anche gli interessi che di malizioso avevano ben poco o gli apprezzamenti fatti senza smuovere mari o monti, ma con una semplice occhiata sincera e coinvolta. A me non piaceva girare intorno alle donne più del necessario, così come non mi piaceva atteggiarmi o coinvolgerle con superficialità. Non che per andare a letto con qualcuno servisse parlare della Divina Commedia, dico solo che ero meno sbruffone o Don Giovanni di quel che sembrava. In molti infatti credevano che in base al mio cognome o al mio aspetto, forse anche alla sicurezza di me che mostravo, fossi il tipo d’uomo che delle donne si diverte a fare un gioco e basta. No. Apprezzavo, e non lo nego, il legame che si instaurava. Dovevo trovare in loro qualcosa di interessante, oltre al fatto che fisicamente dovessero colpirmi. E, vi assicuro, a parti invertite valeva lo stesso. Non ero nella condizione di poter scegliere, la mia sicurezza personale non era dettata da questo, perché ricevevo anche dei grossi e dolorosi rifiuti. Però non mi toccavano più di tanto perché sapevo di valere, in un modo o nell’altro. Era l’unico mio appiglio. E questo era un tassello importante per poter capire il perchè fossi così disinvolto nei confronti di Brooke. Pur sapendo, infatti, che era impegnata con una persona alla quale mai avrei voluto fare un torto, io ero sicuro del fatto che avrei saputo fermarmi arrivato ad un certo punto, così come ero certo di non voler fingere un indifferenza inesistente, ne nascondermi in un angolo per il timore di fare cavolate. Esisteva l’oggettività. Esisteva l’essere se stessi e padroni del proprio corpo, del prorio raziocinio, di se stessi totalmente. Ed io ero naturalmente portato ad approcciarmi alle donne in un certo modo, quelle che mi colpivano ma anche quelle con le quali volevo solo essere amico, perché vi erano delle cose basilari che non potevo evitare di mettere in conto. Il contatto fisico, quello avuto con Brooke in quel momento stesso, era piacevole. Ma inevitabile, perché io ero fatto così. Ciò non mi avrebbe portato ad agire con fare inopportuno. Ero semplicemente confidenziale, senza essere irrispettoso –o almeno io così credevo-.
Dovevo finirla, ecco. Non di dialogare con lei, ma di farmi pipe mentali che non avevano ragione di esistere. Io non dovevo giustificarmi con nessuno, perchè non stavo facendo nulla di male e soprattutto perchè ero quel che mostravo di essere, sempre e comunque. Ciò poteva piacere o meno, ma ero così. ero io. Ed avrei continuato di questo passo. Questa fu una delle ragioni per la quale le dissi chiaramente che di matrimoni non me ne intendevo, vista l’idea stramba che avevo di essa. Non ero contro il romanticismo. Ma ero un realista. E ne avevo viste troppe, nei matrimoni, per pensare che fossero giusti. Era solo un modo per rendere ufficiale l’appartenenza di qualcuno. Era magico, sì, ed io mi lasciavo spesso trascinare da cose simili, ma poi scattava quella vocina nella testa che mi faceva ragionare, e lì diventavo il solito menefreghista, l’antiromantico per eccellenza. Cosa che mascherava perfettamente il mio io più profondo. ”- Ai matrimoni non si può essere più belle della sposa... Questo vestito raccoglierebbe sguardi che dovrebbero essere per lei, non per me -” La sua giusta osservazione mi riportò alla realtà, ed io annuii con un sorriso appena accennato, continuando a guardarla dallo specchio che riusciva a riflettere l’immagine di entrambi. -E’ carino da parte tua, pensarlo- Sì, lo era. Qualsiasi donna sicura del proprio aspetto e conscia dell’effetto che avrebbe avuto su ogni uomo non lo avrebbe neanche lontanamente pensato. Lei, addirittura, ne era consapevole ma accettava l’idea che non fosse giusto cogliere l’attenzione di tutti. Ciò era distante dai soliti concetti superficiali rivolti alle belle ragazze. Sì, i luoghi comuni esistevano ancora e sarebbero sempre esistiti.
”- Se ti piace così tanto, hai solo due possibilità. Trovarlo nei tuoi sogni o aiutarmi a toglierlo per prendertelo. -” Bene. O meglio, male. Molto male. Le provocazioni le coglievo e mi piacevano. Perché si trattava sempre di quel gioco accennato prima, quegli stimoli naturali che venivano fuori, o l’eccitazione che c’era nel sapere che quel gioco non avrebbe poi portato a nulla, di conseguenza ciò che ti restava poi. Poteva snervare ma a conti fatti era questo che avvicinava di più due persone, in genere. -Sta meglio a te di come starebbe a me- esordii, con evidente ironia, dopo averla osservata a lungo, con quel ghigno malizioso e un tantino furbo, sì, perché lei era se stessa anche in quell’istante, e ciò non significava necessariamente che volesse qualcosa di preciso da me, ma la situazione iniziava a prendere una piega pericolosa.. e se la situazione fosse diventata più calda di quel che era ci saremmo trovati in un mare di guai. Quindi dovevamo uscirne, consci comunque dell’elettricità che padroneggiava il tutto. -E’ un peccato, però- aggiunsi, e l’intenzione di fare del sano sarcasmo scemò, perché in realtà in quel caso –senza essere troppo chiaro- non parlavo del vestito, ma mi riferivo al fatto che fosse un peccato non poter andare oltre. Era inutile e banale dire il contrario, vista la realtà dei fatti. Ma questa stessa realtà vedeva un protagonista in più, e cioè Nathan, al quale tenevamo entrambi in maniera diversa, pur non sapendo –io- cosa ci fosse effettivamente tra i due. Ma mi bastava sapere che lui era coinvolto, per capire che dovevo starmene al mio posto, più di quel che avevo fatto fino ad ora. Gli andava il merito di non essersela fatta scappare. Errore che io avevo commesso con Evie.. ma era una storia -quella- che doveva rimanere lì, nel passato, perchè se avesse preso più campo ed importanza, quella che un tempo aveva, sarebbe stato difficile uscirne. Il problema era averla nella mia vita. Avrei potuto allontanarla, tanto lei stava con un altro e quello di troppo ero semplicemente io. Ma, incoerentemente, non riuscivo comunque ad evitarla.
-Mi sembra di capire che non hai ancora idea di cosa indosserai- dissi d’un tratto, a braccia incrociate, di fronte a lei, mentre un sopracciglio si alzava con naturalezza, ed io sorridevo. -Puoi sempre decidere di non andarci.. fa’ come me- aggiunsi, sapendo che non avrebbe seguito il mio consiglio, ma decidendo di continuare a prenderla un pò in giro. Infondo ero lì per commentare le sue scelte, potevo anche prendermi la briga di dire la mia e suggerirle di fuggire, no?

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view post Posted: 26/6/2012, 20:25     Something to talk about - The Begining

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Ascoltare musica era un buon modo per trascorrere il tempo. Soprattutto perchè mi serviva solo per qualche minuto e per non guardare riviste femminili. Ecco, una cosa non riuscivo proprio a capirla. Quello era un negozio sia maschile che femminile. E capivo che quella zona fosse più per le donne che per gli uomini, visti gli abiti in esposizione, ma mi sembrava alquanto stupido lasciare soltanto un certo tipo di riviste, destinate ad un solo sesso. Pensate a tutti i mariti che accompagnano le proprie moglie o i fidanzati che decidono di far contente le proprie donne.. era normale che si mettessero lì ad attendere, senza far niente? Non era il mio caso perché, nel bene o nel male, cercavo di non annoiarmi mai nell’attesa, ma per altri con meno fantasia era senz’altro snervante.
Ad ogni modo non volli badarci più di tanto, e mi dedicai semplicemente alle parole di quella canzone. Okay, pensandoci, non era proprio adatta. Ne alla situazione mia, ne in generale. Però il motivo mi piaceva, il gruppo anche, e pur trattando un argomento che poteva deprimere molti, non era di quelle dalla musica noiosa. Aveva il suo ritmo, ed era piuttosto orecchiabile. E poi, senza fermarmi un secondo, ero vagamente curioso di capire che tipo di gente ci fosse in quel negozio, o semplicemente mi piaceva osservare e quindi guardarmi intorno. Tornare a Tree Hill era stato tanto bello quanto strano. Mi ero detto che una volta raggiunto quel posto, la mia vecchia casa, avrei trovato tutto come un tempo. O almeno, un po’, lo avevo sperato. E poi.. beh, perfino le persone erano cambiate. Non in quanto a maturità, perchè di questo non mi stupivo. Anch’io ero più maturo, più riflessivo, o roba simile. Ma vi erano persone che alle volte non riuscivo a capire, ne a collegare a quelle che un tempo avevano fatto parte della mia vita. E l’errore era mio. Perchè non si può tornare indietro, dopo aver preso certe decisioni o fatto determinate scelte. Così come non ci si può fossilizzare su un passato che è oramai andato, ne su delle persone che con il tempo hanno avuto modo e ragioni per essere delle persone differenti, per maturare o perfino peggiorare. E non parlavo solo di Evie, che avevo visto diversa e alla quale avevo detto ciò che pensavo senza peli sulla lingua. Parlavo dello stesso Nathan, che però mi aveva sorpreso in positivo. O del padre, che sembrava essere una scoperta nuova ogni giorno.. e non sapevo se ritenermi fortunato o meno ad apprendere certi suoi lati machiavellici. Insomma, avevo un bel po’ da recuperare, da capire, se avessi voluto. Perché anche questo era il punto. Volevo davvero capire? Volevo pensare ad un cambiamento, o mi bastava essere lì, godermi giorno dopo giorno quella realtà, senza rimuginare troppo su ogni cosa? Questo era un mio difetto, senz’altro. Io almeno lo reputavo tale. Perchè delle volte pensavo troppo. Era utile quando non mi faceva cadere in banali errori. Ma altre volte quelle stesse riflessioni finivano per mascherare quello che ero per davvero. E vi era il rovescio della medaglia. Un po’ mi tornava utile erigere un muro tra ciò che ero e il resto, così da poter sembrare solo ciò che volevo far vedere. Altre volte non venivo capito, o giudicato male. Non che mi importasse molto. Ma c’era sempre da vedere chi finiva con il capire male. Come in quella situazione ben precisa. Ecco, Brooke Davis che esce dal camerino con un vestito arancione, neanche troppo chiaro, ma lungo e scollato, in grado di mettere in risalto le sue forme. Lei avrebbe potuto benissimo capire ciò che pensavo in quel momento, perché era uno schianto e non feci nulla per farle capire il contrario. O meglio, il mio sguardo a mio modo di vedere le cose diceva più di quanto avrebbe dovuto dire. Con ciò non dico che fossi folgorato o impietrito totalmente, ma l’occhio vuole la sua parte, e le mie due iridi azzurre erano piuttosto chiare al riguardo e sapevano perfettamente cosa imprimere nella mia mente. ”- Cosa ascolti? -” Era questo che voleva sapere? Non come le stava il vestito? Non cosa pensavo, stavolta, del colore dell’abito? No. La canzone. -Losing my religion- mormorai, con un tono appena udibile nello spazio in cui ci trovavamo noi due. Non c’era bisogno che alzassi la voce, visto che non c’erano metri di distanza a dividerci. Però non dissi altro. Solo il titolo, senza commentare perchè la stessi ascoltando, anche perchè non avrei saputo cosa dirle, e senza aggiungere nulla per descrivere il suo abito. Se Nathan mi avesse visto, in quel momento, probabilmente mi avrebbe detto di smetterla. Non avrebbe inveito, no. Non perchè non fosse geloso ma perchè se mi conosceva almeno un minimo sapeva cosa pensavo, al di là di possibili apprezzamenti fisici o personali, visto che non mettevo affatto in dubbio che dietro al suo corpo ci fosse anche altro. Proprio io, non potevo permettermelo. Perfino a Trish davo la possibilità di farmi capire che fosse meno superficiale di quel che sembrava o di come la vedevo io. Figuriamoci al resto del genere femminile o maschile. Anche se, ovviamente, a me interessava il primo. ”- Dimmi la verità... Che cos'ho addosso? -” Passai la punta della lingua tra il labbro superiore ed inferiore, come gesto abituale, mentre chinavo il capo di poco e lo scuotevo. Quando lo rialzai, abbozzai un sorriso. Uno di quelli appena accennati, ma che avevano comunque il proprio significato. -Immagino non sia la prima volta che qualcuno ti guarda così.. e tu tutte le volte pensi di avere qualcosa addosso?- chiesi, divertendomi ad ironizzare quella situazione che, nel caso fosse continuata, di certo avrebbe messo in imbarazzo entrambi. La guardai ancora, dal basso della mia postazione.. ed inclinai il capo, tanto per essere ancora un po’ inopportuno con lo sguardo. Ecco, una cosa che non andava affatto bene era che il “gioco”, la “caccia”, a me piaceva. Non che poi ci fosse altro dietro o dovesse accadere altro, ma era quella fase di un rapporto che non saltavo mai. Per qualsiasi conoscenza femminile. Che poi, queste, diventassero semplicemente amiche non mi interessava. Era l’input, era l’idea in sé, a stimolarmi. E forse per questo avevo il vizio di guardare con la solita intensità qualcuno. Perché anche in quel caso io sapevo che avevamo entrambi un aspetto piacevole tanto quanto sapevo che non sarebbe successo niente. Da parte di entrambi, per ragioni differenti. Soltanto a quel punto mi alzai, e forse utilizzando una confidenza che non potevo permettermi di avere misi entrambe le mani sulle sue spalle in larga parte scoperte, e in base a quel contatto la feci voltare verso uno specchio, facendo un passo in modo tale da mettermi dietro di lei. Non attaccato, ne in qualche modo invadente con il corpo, ma solo in modo tale che mi vedesse alle sue spalle. -Ecco cos’hai addosso- mormorai, tanto per ricollegarmi alla sua frase e farle capire che era lei con quel vestito. Niente di più. -Non vado ai matrimoni, non so se esiste un “codice d’abbigliamento” tra gli invitati..- dissi inizialmente, guardandola dallo specchio ed alzando un sopracciglio con fare indignato.. forse per la mia stessa ignoranza in materia ma, ehi, i matrimoni erano per i sognatori.. ed io ero troppo realista per perdermi in esso. -..ma, se ti interessa, a me piace- conclusi, evitando di sbilanciarmi. Ma era comprensibile, questo, no?!

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view post Posted: 26/6/2012, 17:47     Something to talk about - The Begining

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Vi erano delle volte in cui i tuoi piani saltavano, e bisognava improvvisare pur di cadere con i piedi per terra e rimanere in equilibrio. Questo per la maggior parte delle volte in cui vi erano situazioni importanti, che in un modo o nell’altro colpivano ed attiravano l’attenzione di un determinato soggetto. Nel mio caso, in quel caso, mi sentii un tantino a disagio soltanto quando mi resi conto d’aver fatto pensieri maliziosi sulla ragazza di mio cugino Nathan. Avevo avuto, in passato, amici che erano stati con le mie ragazze o le mie ex. Quindi si, ero stato anche tradito ma non me ne era importato più di tanto, all’epoca, perché il soggetto in questione non valeva la pena di perderci fegato e fatica. Sapevo che Nathan, però, per lanciarsi in una storia e mettersi in gioco doveva tenerci in un modo speciale. Così come sapevo di non essere il tipo che cerca di infrangere la dolce realtà di qualcuno pur di ottenere qualcosa. Quindi ero tornato sui miei passi ed avevo deciso di iniziare una conversazione con la bella mora solo ed esclusivamente riguardo all’abito che indossava. Mi limitavo, ecco. Con Evie non era successo, pur sapendo che era fidanzata, perchè avevo agito egoisticamente. Mi ero semplicemente detto di spegnere il cervello una frazione di secondo. Quel solo istante era servito per lasciarmi andare. E quando avevo fatto un passo in sua direzione mi ero reso conto che non potevo più tornare indietro e fingere indifferenza o altro. Così avevo continuato, e l’avevo baciata. Il fatto è che lei non si era tirata indietro. Aveva risposto al bacio ed aveva messo in evidenza un coinvolgimento che aveva spiazzato perfino me, non oso immaginare lei. Con ciò non volevo dire che fosse compito suo evitarmi, per non ferire il proprio ragazzo. Dico solo che la situazione era un tantino diversa. Se ci avessi provato con Brooke, per il gusto di farlo, sarei stato uno stronzo con la S maiuscola. Se invece cercavo di capire cosa diavolo c’era tra me ed Evie, ancora, è perché infondo tra noi era finita senza arrivare davvero ad una conclusione. Ci eravamo semplicemente divisi, prendendo strade diverse per ovvie ragioni. Ma ciò bastava? Ciò era utile per poter andare avanti o dimenticare? Forse no. Però non ero lì per procurarle problemi. E forse non volevo neppure sapere se c’era ancora qualcosa di forte, e non solo nostalgia del passato. Perché se mi fossi reso conto che vi era ancora un sentimento in grado di destabilizzare il percorso e la vita di ognuno, allora sarebbe stato un problema. Iniziavo perfino a chiedermi se avevo fatto bene a tornare a Tree Hill. E alla fine mi rispondevo comunque di si. Perché ero lì per il mio futuro, perché era il mio posto quello. Qualsiasi fossero, poi, le conseguenze.. beh, dovevo solo aspettare che tutto iniziasse a travolgermi. Ed io, a dispetto di ciò che la ragione mi avrebbe sicuramente suggerito, avrei lasciato che accadesse. ”- Non sapevo te ne intendessi di moda. Potrebbe venirmi utile! -” Misi in stand by i miei pensieri quando udii la sua risposta. Non se l’era presa. Se avessi fatto un commento simile per qualcun’altra, forse, avrei ricevuto una risposta stizzita od acida. Brooke Davis decise di prenderla con un sorriso sulle labbra, pensando perfino che il mio gusto in fatto di moda potesse rivelarsi utile per lei. Precisiamo che di moda non capivo un accidenti. Il mio parere era esclusivamente oggettivo e particolarmente preciso solo per via della mia brutta abitudine ad osservare con interesse qualcosa o qualcuno che trovavo in qualche modo piacevole, attraente. Ma mi sarei reso utile davvero, se ce ne fosse stata l’occasione. Infondo cosa avevo da fare? Nulla. -Già- mi ritrovai a mormorare, corrugando la fronte con un sorrisetto che faceva sì che il mio viso assumesse un espressione, direi, buffa. Alla fine, comunque, mi diede anche ragione ed io annuii di rimando, stavolta con un sorriso appena accennato, continuando a sostare di fianco ad uno degli innumerevoli specchi che vi erano. ”- Credo non ci abbiano presentato a dovere... Io sono Brooke Davis! -” Nel presentarsi, allungò una mano verso di me, ed io feci altrettanto, afferrando e stringendo quanto serviva la sua. -Logan Scott- E non sapevo quanto il mio cognome fosse utile, al momento. D’accordo, stava con uno Scott. Ma il padre, nonchè mio zio, non era stato proprio buono d’animo nei suoi confronti. Pubblicare quel video era stato un gesto che.. avevo difficoltà a comprendere. Lo conoscevo, Dan Scott, ed avevo sempre avuto una stima nei suoi confronti paradossale quasi. Ma forse non lo conoscevo così bene come avrei dovuto. C’era da chiedersi se qualcosa lo aveva cambiato, negli anni, o se era sempre stato così. ”- Mi sembra che di moda tu te ne intenda... Cosa ne dici di aiutarmi a cercare il vestito giusto per un matrimonio? -” Quindi era quell’occasione. E, ancora, credeva che fossi un patito di moda. Non che fosse strano ciò, ma se avesse saputo che il mio sogno era diventare uno scrittore e allo stesso tempo praticavo uno sport piuttosto pericolo ed aggressivo, mi avrebbe preso per matto ed avrebbe avuto seri problemi a capirmi. Come chiunque, del resto. Capivo che era assurdo pensare di avere due passione così differenti, ma erano parte di me entrambe, appunto perchè rispecchiavano la mia ragione e il mio istinto. -E’ di belle ragazze con abiti eleganti che mi intendo.. e se questo può esserti utile, ti aiuterò- risposi, con un filo d’ironia, guardandola di rimando. Avevo frequentato una scuola di cinema, ed eventi vari collegati ad essa. Ecco di cosa parlavo, in quella frase. Al che mi diede le spalle e andò verso il camerino. Io lanciai giusto un’occhiata intorno a me, che mi bastò per notare che vi era un divanetto blu sul quale potevo sedermi mentre partecipavo alla ricerca dell’abito giusto. In realtà avrei semplicemente detto quale mi piaceva e cosa avrei cambiato, cercando di essere il meno malizioso possibile. Faceva, in ogni modo, parte di me. Io amavo il contatto tra due persone, innanzitutto, e non per fare chissà cosa ma anche tra due semplici amici o conoscenti. Era una di quelle cose che mi aiutava a capire. Così come quello visivo, che richiedevo praticamente sempre. E non superavo la linea di confine quando sapevo di non doverlo fare, sì, ma ciò non toglieva che a parole o con gli sguardi mi era praticamente impossibile fingere. La lingua faceva il suo corso, come sempre, e mi esprimevo come non dovevo, il più delle volte. E lo sguardo ci metteva il carico da mille. Ovvio che, in quella situazione ben precisa, non dovevo agire in nessun modo possibile. Non perché ci fosse il rischio che accadesse qualcosa, sia chiaro. Infondo anche se non fosse stata con Nathan, per quanto fisicamente fosse bella, nessuno mi diceva che a parti invertite pensasse di poter o volesse cadere nella mia trappola. Però il fatto che esisteva una figura come quella che rappresentava Nathan, per me e per lei stessa, non era da sottovalutare. ”- Quanto a Nathan... Mi preferirebbe senza! -” Ridacchiai, dalla mia comoda seduta, ed afferrai un giornale annuendo vigorosamente. E quando sparì dietro la tendina, mi ritrovai a mormorare con un tono giusto un po’ più alto per assicurarmi che mi sentisse: -Non avevo dubbi!- con fare senz’altro ironico, per poi dedicarmi ad un giornale e dare un’occhiata ad alcuni abiti. Tutti femminili. Sul serio?! Sbuffai, richiudendolo, e guardandomi nuovamente intorno per capire se c’era qualche altro uomo che aveva accompagnato la propria moglie o la propria ragazza a fare shopping. No. Deserto. Lanciai un'occhiata verso il camerino e per fortuna non si intravedeva nulla, se non per via del piccolo spazio tra la tendina stessa e la colonna di muro. Questo era da evitare. Sfilai dalla tasca dei jeans il cellulare e con una cuffietta nell’orecchio decisi di trascorrere quei minuti ascoltando qualcosa di piacevole. Pensai al matrimonio, e valutando il fatto che tutti quelli che mi conoscevano sapevano del mio ritorno in città, i due sposini non sapevano chi fossi e viceversa. Meglio, un evento in meno a cui andare. E, visto lo sguardo che saettava da una parte all’altra di quel posto, non servì porre più di tanta attenzione per capire che Brooke aveva indossato un altro vestito. E mi bloccai, a fissarla. Come detto in precedenza, ero bravo a mascherare e a mostrare indifferenza. Ma soltanto quando capivo di doverlo fare. Era, infatti, il primo istante a fottermi sempre, ad evidenziare cosa mi frullava nella testa e quanto qualcosa mi colpisse o meno. Come in quel caso, insomma.

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Edited by ƒirework - 26/6/2012, 19:03
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